Il giardino di Archimede
 Il giardino di Archimede
 Un museo per la matematica
Un ponte sul Mediterraneo
Leonardo Pisano, la scienza araba e la rinascita della matematica in Occidente
 

 
 
 

La riscoperta di Leonardo Pisano

Luigi Pepe

 

La figura di Leonardo Pisano, come quella di Euclide, ci è nota essenzialmente attraverso i suoi scritti matematici: il Liber Abaci (1202, 1228), la Practica Geometriae (1220), il Flos, l'Epistola, il Liber Quadratorum (1225). Egli scrisse in latino, lingua dei dotti e dell'Università, quando già i letterati e i mercanti usavano le lingue romanze. Il padre non era un mercante, ma un funzionario pubblico, che fu inviato alla Dogana di una grande città portuale del Mediterraneo Bugia (ora in Algeria), dove Leonardo cominciò ad apprendere i procedimenti matematici degli Arabi. Se nei suoi lunghi viaggi esercitò anche la mercatura, Leonardo fu anche vicino alla corte di Federico II di Svevia e il solo impiego che gli risulta ufficialmente conferito fu quello di contabile del Comune di Pisa, regolarmente stipendiato dal 1240. Egli introdusse in Italia l'aritmetica degli Indiani e l'algebra degli Arabi, ma i modelli dei suoi scritti furono la completezza delle dimostrazioni degli Elementi di Euclide e il rigore delle Opere di Archimede: volle dividere il Liber Abaci in quindici parti come allora si riteneva fossero divisi gli Elementi.Nessuno dei numerosi manoscritti matematici di Leonardo si trova a Pisa
[1] .

 

Le opere di Leonardo Pisano furono "studiate, largamente sfruttate, per non dire liberamente saccheggiate" dai contemporanei e dai posteri fino a Luca Pacioli, che le utilizzò ampiamente per la sua Summa de Aritmetica Geometria Proporzioni et Proportionalità [2] . Seguì un periodo in cui esse furono sostanzialmente ignorate e si generarono errori circa lo stesso secolo nel quale Leonardo visse.

 

Niccolò Tartaglia conobbe solo quanto si può leggere nella Summa di Pacioli. Gerolamo Cardano nel suo libro De Consolatione collocava Leonardo "paucis ante annis" rispetto a Luca; qualche anno dopo esaminò direttamente un codice di Leonardo a Venezia e si corresse "jamdiu ante fratrem Lucam", ma chiamava anche Leonardo "Pisaurensis" e Wallis, un secolo dopo, citando da Cardano, scriveva imbarazzato: "memoratque Leonardum Pisauriensem (eundem credo cum Leonardo Pisano)" [3] .

 

Federico Commandino ebbe tra le mani un codice della Practica Geometriae di Leonardo che intendeva pubblicare. Il suo allievo Bernardino Baldi inserì nella sua Cronica de' matematici il seguente articolo dedicato a Leonardo Pisano, collocandolo circa due secoli dopo il periodo reale in cui visse:

 

Leonardo, che dalla patria fu detto Pisano (1400), fu grandissimo geometra et aritmetico; peregrinò lungo tempo in paesi orientali e dagl'Arabi medesimi apparò l'algebra, e tornato in Italia ne scrisse un degno volume, il quale non è però mai uscito alla luce. Scrisse anco un libro De' Numeri Quadrati, che il Xilandro tiene che egli prendesse da Diofanto. Compose anco un nobilissimo Libro Geometrico, il quale si conserva manoscritto nella Libreria Feltria d'Urbino, il quale Federico Commandino era per pubblicare, se non fosse stato prevenuto dalla morte. Delle cose di Leonardo si valse fra' Luca dal Borgo, et a' nostri giorni Nicolò Tartaglia Bresciano [4] .

Come è noto la Cronica de' matematici fu stampata ad Urbino nel 1707, mentre rimase inedita la voluminosa raccolta delle Vite, composte tra il 1587 e il 1589, che solo recentemente sono state in buona parte pubblicate. Tra le Vite non ce n'è una di Leonardo, anche se a lui si fa riferimento nelle vite di Pacioli e di Commandino. Erano già sparite altre notizie biografiche su Leonardo o forse Baldi, erede della scuola umanistica di Commandino, aveva più propriamente interesse a una tradizione geometrica della matematica, tanto che nelle Vite non c'è traccia di Bombelli e gli stessi Cardano e Tartaglia sono solo fugacemente ricordati?

 

L'opera di Leonardo restava un riferimento in qualche circuito minore: così Muzio Oddi di Urbino citava direttamente Leonardo nel suo libro Dello squadro e Edward Bernard (1638-1697) ebbe l'idea di pubblicare una raccolta di opere di matematici antichi, tra le quali doveva trovar posto l'Abbacus [5] .

Gli eruditi stranieri ripresero gli errori di Cardano e di Baldi. Vossius scrisse che Leonardo visse introno al 1400 "aut etiam citius", Heilbronner, nella sua Historia Matheseos Universa (Lipsiae 1742) conosceva assai imperfettamente la vita e l'opera del Pisano, che ritenne vissuto nel secolo XV e che confuse con Giovanni Pisano, autore della Perspectiva Communis (pubblicata nel 1542).

 

Nel primo volume dell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert alla voce Algèbre in un articolo siglato da d'Alembert e ispirato largamente a Gua de Malves (oltre che a Chambers) Pacioli è detto, sia pure con un'attenuazione dubitativa, discepolo di Leonardo (quindi secolo XV):

Luc Paciolo, ou Lucas à Burgo, cordelier, est le premier en Europe qui ait écrit sur ce sujet [algèbre] :son livre, écrit en italien, fut imprimé à Venise en 1494. Il étoit, dit-on, disciple d'un Léonard de Pise et de quelques autres dont il avoit appris cette méthode, mais nousn'avons aucun de leurs écrits.

La prima edizione italiana dell'Encyclopédie, dalla quale abbiamo tratto questa citazione, fu stampata a Lucca (Giuntini) a partire dal 1758. Quattro anni prima, in un volume pubblicato a Venezia, Francesco Antonio Zaccaria aveva reso Leonardo al suo secolo.


1. Leonardo nel Settecento.

 

Come abbiamo avuto modo di osservare anche studiosi importanti, non sprovvisti di senso critico mescolavano informazioni di prima e di seconda mano attingendo genericamente a quello che avevano sottomano. A fare giustizia di queste pratiche venne agli inizi del secolo XVIII la grande stagione dell'erudizione che si diede un abito rigorosamente scientifico. Ad attivare in Italia l'epoca della nuova storiografia erudita furono illustri studiosi stranieri che soggiornarono in Italia: i benedettini francesi Bernard de Montfaucon e Jean Mabillon (1685) e Gottfried Wilhelm Leibniz (1689-1690). Leibniz aveva promosso ricerche sistematiche sull'antico diritto medievale germanico ed era venuto in Italia per scrivere attraverso l'esame diretto dei documenti la storia dei duchi di Hannover. Egli influenzò direttamente l'opera di Ludovico Antonio Muratori [6] .

 

Nelle loro ricostruzioni storiche, gli eruditi non potevano fermarsi davanti alla divisione contemporanea nell'Italia in tanti piccoli Stati e così le barriere tra questi non crearono separazioni d'ordine intellettuale. Nacquero così gli Annali d'Italia e i Rerum Italicarum scriptores di Muratori, il Giornale de' Letterari d'Italia di Apostolo Zeno e Scipione Maffei, Accanto ad essi fiorì una generazione di eruditi di prim'ordine, le cui ricerche lasciarono una traccia per tutto il secolo: Giusto Fontanini, Francesco Bianchini,e poi Angelo Maria Querini, Angelo Calogerà ecc.

 

In questo elenco non sfigura Francesco Antonio Zaccaria. Nato a Venezia nel 1714, Zaccaria entrò nella Provincia Austriaca della Compagnia di Gesù nel 1731. Nel 1751 successe al Muratori come archivista e bibliotecario del Duca di Modena, carica che ricoperse fino al 1768. Fu poi a Roma dove insegnò alla Sapienza e continuò i suoi studi. Morì nel 1795.

 

Il Sommervogel elenca 161 lavori a stampa riferiti allo Zaccaria. Fu in particolare editore della Storia letteraria d'Italia (14 volumi, Modena 1750-57).I suoi Excursus Litterarii per Italiam ab anno MDCCXLII ad annum MDCCLII [7] raccolgono i risultati delle ricerche condotte in alcune delle principali città d'Italia in occasione di prediche: diplomi, iscrizioni, codici manoscritti, opere inedite. L'opera, divisa in diciassette capitoli riguarda Pistoia, Pesaro, Genova, Venezia, Torino, Cremona, Milano, Parma, Modena, Pisa, Firenze, Pavia, Osimo. A Firenze sono dedicati ben quattro capitoli, a Milano due, a tutte le altre città uno solo.

 

Nel capitolo XIII, il secondo relativo a Firenze, Zaccaria prende in esame le Società letterarie fiorentine e le biblioteche: Palatina, Laurenziana, di S. Croce, Magliabechiana e Marucelliana. In particolare nella biblioteca di Antonio Magliabechi, rilevante più per i libri a stampa che per i manoscritti, egli segnalava un gruppo di manoscritti di argomento matematico ricavandone la descrizione dalle schede che "doctissimus Gorius" aveva estratto dal catalogo compilato dal bibliotecario Giovanni Targioni Tozzetti. Tra questi manoscritti figuravano:

 

-        I Giuochi Matematici di Antonio da Filicaia, dedicati a Giuliano dei medici (sec. XV).

-        Le Operazioni del compasso geometrico e militare di Galileo (sec. XVII).

-        Due esemplari del Liber Abaci di Leonardo Pisano (uno del sec. XIV e l'altro del sec. XV)

-        L'Opera geometrica di Lorenzo Lorenzini (allievo di Vincenzo Viviani).

-        Scritti di Alessandro Marchetti sul problema dell'Olandese.

-        L'Ottica e l'Almagesto di Tolomeo.

-        Le Tabulae de primo mobile del Regiomontano.

-        L'Homocentrica di Gerolamo Fracastoro.

-        Scritti di Giovanni Ceva sul momento dei gravi sui piani inclinati.

 

Al Codice più antico (sec. XIV) del Liber Abaci è dedicata la maggiore attenzione.Di esso vengono riportati la prefazione, la lettera di dedica a Michele Scoto (scienziato e filosofo scozzese, uno dei fondatori dell'Averroismo latino, attivo in Spagna e in Italia, traduttore dall'arabo di Aristotele ed Avicenna) e l'indice dei capitoli (op. cit. pp. 229-232):

 

Incipit liber Abbaci compositus a Lionardo filio Bonaccii Pisano in anno 1202. Cum genitor meus a Patria publicus scriba in Duana Bugea pro Pisanis mercatoribus ad eum confluentibus, constitutus praesset, me in pueritia mea ad se venire faciens, inspecta utilitate et commoditate futura, ibi me studio Abbaci per aliquot dies ita esse voluit et doceri. Ubi ex mirabili magisterio in artem per novem figuras Indorum introductus, scientia artis in tantum mihi prae caeteris placuit et intellexi ad illam, quod quidquid studebatur ex ea apud Aegyptum, Syriam,Graeciam, Siciliam et provinciam cum suis variis modis ad que loca negotiationis causa prius ea peragravi, per multum studium et disputationis didici conflictum, Sed hoc totum etiam et Algorismum atque arcus Pictagorae, quasi errorem computavi, respectu modi Indorum.

 

Ecco quindi inequivocabili elementi di datazione dell'opera di Leonardo che distruggevano le varie leggende storiografiche. Tuttavia la critica successiva ha evidenziato che quello descritto è un esemplare della seconda redazione del Liber Abaci, dato che vi si fa menzione della Practica geometriae.

Il volume di Zaccaria ebbe larga diffusione e non fu isolato. Qualche anno dopo la corretta datazione dell'opera di Leonardo si ritrova negli scritti di Giovanni Targioni Tozzetti [8] , Giovanni Gabriele Grimaldi [9] , Giovanni Andres [10] , Girolamo Tiraboschi [11] , mentre il Montucla ripeteva i vecchi errori nella sua Histoire des Mathématiques, avendo come unico riferimento esplicito la Cronica di Baldi e ignorando il contributo degli eruditi del suo secolo:

L'algèbre qui avoit pris naissance chez les Arabes, fut trasplantée au commencement de ce siècle [XV]en Occident. L'Europe a cette obligation à Léonard de Pise, ou Camille Léonard de Pise[12]

Spetta a due matematici italiani, Pietro Cossali e Giambattista Guglielmini, il merito di aver per primi posto il problema della valutazione critica dell'opera di Leonardo e del suo ruolo nella trasmissione della scienza in Occidente.


2. Cossali e Guglielmini.

Pietro Cossali nacque a Verona nel 1748 da nobile famiglia. Entrato nell'ordine dei Teatini fu a Milano, Padova e Verona. Nel 1787 fu chiamato a insegnare fisica nell'Università di Parma, dove progettò la sua opera maggiore: Origine, trasporto in Italia, primi progressi in essa dell'algebra, splendidamente stampata in due volumi (1797-1799) dalla Reale Tipografia Parmense di Giovan Battista Bodoni [13] .

Cossali consultò almeno tre manoscritti del Liber Abaci conservati nell'Ambrosiana di Milano, nella Magliabechiana e nella Riccardiana di Firenze, ma non ebbe modo di conoscere che tardivamente il Liber quadratorum, che egli cercò di ricostruire in base alla Summa di Pacioli. Egli poté quindi datare con certezza l'opera di Leonardo agli inizi del secolo XIII, e non conoscendo l'Algebra di al-Khwârizmi, tradotta dall'arabo in latino a Siviglia nel 1145 da Roberto di Chester, affermò senz'altro che l'algebra si era diffusa in Europa a partire dall'Italia e segnatamente dalla Toscana.

L'Origine si apre con il nome di Leonardo Pisano la cui opera è analizzata con cura, rivendicandone le novità contro la disinformazione degli storici della matematica francesi. Negava Cossali che Diofanto potesse essere considerato l'inventore dell'algebra, mentre tendeva ad ammettere che gli Arabi avessero ricavato dagli Indiani non solo l'aritmetica, ma anche l'algebra.

L'opera di Cossali con le sue analisi minuziose divenne un punto di riferimento per la storia dell'algebra. Essa potrebbe oggi essere definita un esemplare saggio di storia interna, dato che ogni tentativo di collocare i risultati e le loro applicazioni nel contesto sociale e culturale dell'epoca è coscienziosamente espunto. Bisogna dire che il contributo alla storia delle matematiche di Cossali non si limitò alla storia dell'algebra come provano i suoi numerosi manoscritti dai quali Boncompagni ricavò un volume pubblicato nel 1857 [14] .

Giambattista Guglielmini nacque a Bologna nel 1760, dalla famiglia del celebre Domenico, studioso delle acque e di medicina. Lavorò a Bologna e a Roma, poi ancora a Bologna dove realizzò un celebre esperimento per provare il moto diurno della Terra. Nel periodo napoleonico ebbe numerosi impieghi politici e tecnici: fu componente del Gran Consiglio della Repubblica Cisalpina, membro delle Commissioni idrauliche, professore nell'Università di Bologna [15] .

All'incarico avuto di tenere la prolusione all'Università per l'anno 1812 si deve la redazione del suo Elogio di Leonardo Pisano, che da una parte si iscrive tra i saggi accademici dell'epoca (ricordiamo quelli di Vincenzo Monti a Pavia e dello stesso Cossali a Padova), dall'altra finì con l'assumere nella redazione a stampa il carattere di un'opera di notevole spessore e completezza [16] .

Guglielmini, che aveva raccolto un'importante biblioteca privata, possedeva uncodice della Practica geometriae di Leonardo che egli riteneva una trascrizione fatta dal codice urbinate per interessamento di Federico Commandino ad istanza di uno studioso bolognese. Il codice di Guglielmini divenne poi proprietà di Petronio Isolani e fu descritto da Boncompagni. Guglielmini non consultò invece il Liber Abaci e il Liber Quadratorum per i quali fece riferimento a Cossali.

Con Guglielmini per la prima volta l'opera di Leonardo venne collocata nel contesto politico e culturale del suo tempo: per lui la storia delle matematiche, nella tradizione dell'Illuminismo, era parte della storia delle civiltà, strettamente legata all'evoluzione politica dei popoli.Notevole era in Guglielmini l'approfondimento della questione diofantea: egli negava l'influenza degli indiani su Diofanto, ma anche l'influenza di Diofanto sullo sviluppo dell'algebra presso gli Arabi. Particolarmente attento, anche come bibliofilo, alla cultura greca nel periodo bizantino, Guglielmini evidenziò l'influenza di Leonardo sugli studiosi di quello che restava dell'Impero Romano d'Oriente.


3. Libri e Chasles.

Agli inizi dell'Ottocento l'interesse che si era già manifestato per la matematica indiana prendeva consistenza con le edizioni che venivano apprestate dei matematici indiani Bramagupta e Bashkara. Nel 1831 compariva la prima traduzione dell'Algebra di alè Khwârizmi. Nell'ambito di un generale interesse per il Medioevo si sviluppò la polemica tra due dei maggiori storici della matematica del secolo, Guglielmo Libri e Michel Chasles; una discussione per certi versi ancora esemplare per i contasti che possono sorgere tra analisi dei documenti e interpretazioni degli studiosi. La polemica riguardò la storia dell'aritmetica nel Medioevo e l'originalità dell'opera di Leonardo Pisano nella storia delle matematiche.

Due opere insigni segnano i riferimenti principali di questa contesa: l' Histoire des sciences mathématiques en Italie di Libri (1835-1841) e l'Aperçu historique sur l'origine et le développement des méthodes en géométrie di Chasles (1837) [17] .

Chasles nacque a Epernon nel 1793, e fu battezzato Floréal in omaggio al calendario rivoluzionario. Allievo dell'École Polytechnique, fu dal 1841 professore di geometria alla Sorbona. Autore di numerosi e molto celebrati articoli di ricerca in geometria nella linea di Monge, Carnot e Poncelet, Chasles fu anche un notevole trattatista. Come storico della matematica fu molto influente anche per il prestigio dei suoi lavori geometrici. Fu uno dei fondatori della Société Mathématique de France, che presiedette nel 1875. Raccolse un'importante biblioteca, ma fu sfortunatamente vittima di un falsificatore di autografi che lo indusse a sostenere, sulla base di documenti falsi, la priorità della scoperta della gravitazione universale di Pascal rispetto a Newton. Morì a Parigi nel 1880 [18] .

Guglielmo Libri, nato a Firenze nel 1803, e nominato giovanissimo professore nell'Università di Pisa, fu costretto all'esilio per ragioni politiche nel 1831. Riparò in Francia, dove prese la cittadinanza e divenne professore al Collège de France. Autore di lavori importanti in analisi e in teoria dei numeri, il suo nome rimane soprattutto legato alla storia delle scienze matematiche che egli considerò parte della storia della cultura e della società. Mise insieme una straordinaria biblioteca, per la quale fu anche accusato di essersi appropriato di libri e manoscritti in biblioteche pubbliche. Lasciò per questo la Francia, visse a Londra per tornare a morire a Fiesole nel 1869.

Sulla base di un passaggio del primo libro della Geometria di Boezio, Chasles ritenne che i Pitagorici avessero conosciuto l'aritmetica posizionale, e che da Boezio questa fosse passata nell'opera di Gerberto (papa Silvestro II) [19] . Di qui, egli considerava trascurabile il debito dell'Occidente rispetto all'aritmetica araba. Chasles sosteneva che anche l'introduzione di un simbolo per indicare lo zero fosse un risultato dell'incolonnamento, e in sé un fatto non molto rilevante. Libri obiettava che queste tesi di Chasles non avevano l'appoggio di nessun documento, anzi Fibonacci, Sacrobosco, Giordano Nemorario che avevano diffuso in Europa l'aritmetica appresa dagli arabi, l'avevano sempre chiamata aritmetica indiana senza confonderla con la tradizione pitagorica. Ma Libri contestava anche i giudizi riduttivi di Chasles sull'opera di Fibonacci, ribadendo che l'Abbacus era la prima opera sull'aritmetica indiana scritta da un Cristiano e presso i Cristiani e con una data certa:

M. Chasles combat l'opinion des personnes qui croient que Fibonacci a été le premier à exposer parmi les Chrétiens le système arithmétique des Hindous. Je crois qu'il serait fort difficile d'établir qu'avant Fibonacci il a été écrit dans l'Europe chrétienne et par un Chrétien, un ouvrage où les principes de la nouvelle arithmétique étaient exposés. On trouve, il est vrai, le système décimal employé dans quelques anciens manuscrits; mais il n'y a pas de règles. Il n'y a que la pratique, et encore ces manuscrits sont presque tous de date incertaine, et semblent pour la plupart, avoir été exécuté chez les Mores, ou par des Juifs qui, comme nous l'avons déjà dit, ont reçu les premiers les sciences des Orientaux. Il doit paraître sans doute étonnant que ces premiers traducteurs, qui ont travaillé avec tant d'ardeur à nous faire connaître les écrits scientifiques des Arabes, ne nous aient pas donné leur arithmétique ; mais jusqu'à ce que l'on prouve le contraire par des faits positifs, il faut considérer l'Abbacus de Fibonacci comme le premier ouvrage sur l'arithmétique indienne, écrit par un Chrétien et chez les Chrétiens, qui ait une date certaine [20] .

Con frasi molto felici Libri riprendeva Chasles che, contro ogni evidenza documentaria, aveva voluto togliere agli indiani e agli Arabi il merito dell'aritmetica posizionale, per poi dare agli Arabi, ancora contro tutte le testimonianze più accreditate, il merito dell'analisi indeterminata che Leonardo diceva chiaramente di aver affrontato su richiesta di dotti della Corte di Federico di Svevia.

 

Quand Fibonacci dit qu'il a pris aux Arabes le système de numération des Hindous, M. Chasles veut prouver que ce système est occidental. Et lorsque le géomètre de Pise dit qu'il a écrit sur les nombres carrés d'après des questions qui lui ont été proposées par des philosophes de la cour de Frédéric II, M. Chasles prétend qu'il a emprunté ses recherches aux Arabes; bien que tous les anciens géomètres qui ont écrit sur cette matière citent Léonard sans jamais citer aucun ouvrage arabe (ce qu'ils font toujours lorsqu'il s'agit de la résolution des équations déterminées du second degré, et de ce qu'ils appellent l'algèbre), et que l'on n'ait jamais trouvé aucun ouvrage arabe où des questions un peu élevées d'analyse indéterminés soient traitées. Dans des questions historiques, il faut se garder de prendre pour des réalités, et d'en tirer des conséquences, les suppositions que l'on a faites. Ici, comme dans tout ce qui est relatif à l'origine de l'arithmétique de positions et l'interprétation du fameux passage de Boèce, M. Chasles semble avoir trop accordé à ses propres hypothèses. Je dirai même qu'il paraît avoir été entraîné par ses connaissances en géométrie à regarder comme minimes des difficultés qui auraient été des barrières insurmontables pour des mathématiciens moins exercés, dans des temps moins heureux pour la science. Les interprétations sont toujours dangereuses: le talent de l'interprète supplée souvent à celui de l'auteur, et il est probable que M. Chasles a été fort généreux envers Brahmegupta et Boèce, en leur attribuant, par de légers changemens dans le texte, des résultats qu'ils n'ont peut-être jamais connus. [21]

Quest'ultimo avvertimento a non prestare ai testi esaminati le proprie conoscenze non è mai sufficientemente ripetuto agli storici che sono anche scienziati militanti.


4. Le edizioni di Boncompagni.

Baldassarre Boncompagni nacque a Roma nel 1821 da una famiglia della nobiltà pontificia dalla quale era uscito Gregorio XIII, il papa della riforma del calendario. Studiò astronomia e matematica sotto la guida di Ignazio Calandrelli e di Barnaba Tortolini, rimanendo attratto fin dagli anni giovanili dalle ricerche storiche. A vantaggio di queste profuse per tutta la sua vita ingenti mezzi, facendo copiare codici da mani esperte, creando una tipografia specializzata per la stampa di opere scientifiche, e pubblicando il celebre Bullettino di bibliografia e storia delle scienze matematiche e fisiche, in venti volumi dal 1868 al 1887. Morì a Roma nel 1894 lasciando un'importantissima biblioteca specializzata che venne dispersa all'asta.

Il contributo maggiore di Boncompagni studioso fu quello dato alla storia dell'aritmetica medievale e in particolare alle edizioni delle opere di Leonardo Pisano [22] .

Boncompagni cominciò con raccogliere le notizie sui codici di Leonardo e su ogni cosa che lo riguardasse iniziando a pubblicare prima negli Atti dell'Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei:

Della vita e delle opere di Leonardo Pisano , Atti dell'Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei 5 (1851-52), pp. 5-91

e poi sul Giornale Arcadico:

Intorno ad alcune opere di Leonardo Pisano, matematico del secolo decimoterzo . Giornale Arcadico 131 (1853) pp. 3-129, 132 (1853) pp. 3-176, 133 (1853) pp.3-11.

i primi risultati di questa ricerca erudita. A questi lavori diede una veste più ampia e sistematica in un volume di quattrocento pagine:

Intorno ad alcune opere di Leonardo Pisano, matematico del secolo decimoterzo , Roma. Tipografia delle Belle Arti, 1854.

Nello stesso anno Boncompagni si cimentava anche nel primo lavoro di edizione riguardante Leonardo, sulla base del codice dell' Ambrosiana che era sfuggito a Libri (1838), a Chasles (1837), e a Colebrooke (1817):

Tre scritti inediti di Leonardo Pisano secondo la lezione di un codice della Biblioteca Ambrosiana di Milano, Firenze, Tip. Galileiana, 1854.

Si trattò di un'edizione subito apprezzata per i suoi contenuti che attrasse l'attenzione degli studiosi (Woepcke, Chasles, Genocchi). Particolarmente attento fu l'esame di Angelo Genocchi che riscontrò alcuni errori nell'edizione:

Sopra tre scritti inediti di Leonardo Pisano pubblicati da Baldassarre Boncompagni . Annali di Scienze Matematiche e Fisiche, 1855, pp. 161-185, 218-251. 273-320, 345-362.

Le critiche di Genocchi e il successo dell'opera spinsero Boncompagni ad una seconda edizione più accurata con un rendiconto degli studi che la prima edizione aveva propiziato [23] :

Opuscoli di Leonardo Pisano pubblicati da Baldassarre Boncompagni secondo la lezione di un codice della Biblioteca Ambrosiana di Milano, seconda edizione, Firenze, Tip. Galileiana, 1856.

Questo volumetto in 8° di pp. XXVII, 129 e 1 tavola comprende tre opere di Leonardo di notevole originalità: il Flos (pp. 1-43), l'Epistola ad Magistrum Theodorum (pp. 44-54), il Liber quadratorum (pp. 55-122).

Né Boncompagni limitava il suo attivismo al solo Leonardo. Anzi egli diede modo, attraverso le edizioni dei più antichi trattati d'abaco, di comparare questi con l'opera di Leonardo, facendo giustizia di vecchi miti:

Trattati d'aritmetica. I. Algoritmi de numero Indorum. II. Ioannis Hispalensis liber algoritmi de pratica arismetrica , Roma, Tip. delle Scienze Matematiche e Fisiche, 1857.

L'opera definitiva del principe romano è l'edizione delle opere di Leonardo Pisano in due monumentali volumi in quarto:

Scritti di Leonardo Pisano matematico del secolo decimoterzo pubblicati da Baldassarre Boncompagni. Vol. I. Il Liber Abbaci di Leonardo Pisano secondo la lezione del Codice Magliabechiano C. I, 2616, Badia Fiorentina, n.73, Roma, Tip. delle Scienze Matematiche e Fisiche, 1857. Vol. II. La Pratica geometriae di Leonardo Pisano secondo la lezione del Codice Urbinate n. 292 della Biblioteca Vaticana. Opuscoli di Leonardo Pisano secondo un Codice della Biblioteca Ambrosiana di Milano contrassegnato E.75. Parte superiore, Roma, Tip. delle Scienze Matematiche e Fisiche, 1862.

Con la pubblicazione delle sue opere furono rivendicati a Leonardo non pochi risultati attribuiti ad autori successivi, in qualche caso a ragione come quando Lucas ne indicò la priorità rispetto a Bachet de Mézériac per l'analisi indeterminata e a Lamé per la celebre serie ricorrente: 1, 2, 3, 5, 8. 13, 21, . (ogni numero è la somma dei due precedenti) [24] .

Il principe Boncompagni non abbandonò mai gli studi sull'aritmetica medievale dando ad esempio un'edizione dell'abaco del celebre traduttore dall'arabo in latino di Euclide Adelardo di Bath (che usava per i numeri i caratteri romani):

Regulae Abaci di Adelardo di Bath. Bullettino di Bibliografia e Storia delle Scienze Matematiche e Fisiche, 14 (1881), pp. 91-134.

Per molti decenni le edizioni dei manoscritti di aritmetica medievale furono argomento di ricerca nel campo della storia delle matematiche senza che la gloria di Leonardo, dopo i lavori di Boncompagni, fosse intaccata. Cosìsettant'anni dopo George Sarton poteva scrivere:

Fibonacci was the greatest Christian mathematician of the Middle Ages, and the mathematical renaissance in the West may be dated from him [25] .



[1] Gino Loria, Leonardo Fibonacci, in Gli scienziati italiani, a cura di Aldo Mieli, vol. I, Roma, Nardecchia, 1921, pp. 4-12

[2] Venezia, Paganino de' Paganini, 1494.

[3] Pietro Cossali, Scritti inediti pubblicati da Baldassarre Boncompagni, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1857, pp. 341-342.

[4] Bernardino Baldi, Le vite de' matematici, a cura di Elio Nenci, Milano, Angeli, 1998, p. 51.

[5] Muzio Oddi, Dello squadro, Milano, Fobella, 1625. pp. 49, 52, 63. Guillaume Libri, Histoire des sciences mathématiques en Italie, Paris,Renouard, 1838, II. p. 477.

[6] André Robinet, G.W. Leibniz : Iter Italicum, Firenze, Olschki, 1988.                                           Françoise Waquet, Le modèle français et l'Italie savante, Roma, Ecole Française de Rome, 1989.

[7] Venezia, Remondini, 1754.

[8] Viaggi , vol. II, p. 59.

[9] Memorie istoriche di più uomini illustri Pisani, vol. I, p. 172.

[10] Dell'origine progressi stato attuale d'ogni letteratura, vol. I, Parma, 1782.

[11] Storia della letteratura italiana, Venezia, 1795, vol. IV, pp. 160-162.

[12] J. F. Montucla, Histoire des mathématiques, nouvelle édition, T. I, Paris, Agasse, an VII (1799), La citazione è riferita al Livre second : Histoire des mathématiques durant le quinzième siècle, p. 536.

[13] Raffaella Franci, Pietro Cossali storico dell'algebra, in Pietro Riccardi e la storiografia delle matematiche in Italia, a cura di Francesco Barbieri e Franca Cattelani Degani, Modena, Università degli studi di Modena, 1989, pp. 199-217.

[14] Pietro Cossali, Scritti inediti, cit.

[15] Maria Teresa Borgato, Luigi Pepe, Giambattista Guglielmini: la biblioteca di uno scienziato nell'Italia Napoleonica, Ferrara, Corbo, 1999.

[16] Giambattista Guglielmini, Elogio di Leonardo Pisano, Bologna, Lucchesini, 1813.

[17] Prenderemo come riferimento i primi due volumi di Guillaume Libri, Histoire des sciences mathématiques en Italie, Paris,Renouard, 1838 e l'estesissimaNote XIIdell'Aperçu historique sur l'origine et le développement des méthodes en géométrie diMichel Chasles, Paris, Gauthier Villars, 1875, pp. 416-542. In quest'edizione, benché più tarda, Chasles ripropone l'essenziale delle sue posizioni.

[18] Baldassarre Boncompagni, Michele Chasles. Bullettino di Bibliografia e Storia delle scienze matematiche, 13 (1880) pp. 815-827.

[19] Chasles valorizzava molto in funzione anticipatrice degli Arabi della matematica indiana della qualecominciavano le prime edizioni: Algebra, with arithmetic and mensuration from the Sanscrit of Brahmegupta and Bhascara, traslated by Henry Thomas Colebrooke, London, 1817.

[20] Histoire , cit., vol. II, pp. 297-298.

[21] Ivi, pp. 303-304.

[22] Gino Arrighi, Baldassarre Boncompagni e la matematica medievale, in Pietro Riccardi cit., pp. 23-45.

[23] Ettore Picutti, I contributi di Angelo Genocchi alla storia della matematica medievale, in Angelo Genocchi e i suoi interlocutori scientifici, a cura di Alberto Conte e Livia Giacardi, Torino, Deputazione Subalpina di Storia Patria, 1991, pp. 241-280.

[24] Edouard Lucas, Recherches sur plusieurs ouvrages de Léonard de Pise et sur diverses questions d'arithmétique supérieure. Bullettino di Bibliografia e Storia delle Scienze Matematiche, 10 (1877) pp. 129-193.

[25] George Sarton, Introduction to the History of Science, Baltimore, Williams and Wilkins, vol. II p. I, 1931,p. 611.