Giuseppe ARMELLINI

(1887-1958)

Nacque a Roma il 24 - 10 - 1887 C morì ivi il 16 - 7 1958 in seguito ad un collasso cardiaco provocato da un incendio - che temé pi` grave di quello che in realtà fosse - dell'osservatorio astronomico di M. Mario, di cui era direttore.
Laureatosi, a Roma, in ingegneria nel 1910 e in matematica nel 19I2, cominciò fin dall'inizio della sua carriera ad occuparsi di meccanica celeste, a cui apportò un importante contributo già con la sua tesi di laurea, dedicata al problema (tanto attuale oggidì!) del moto di un satellite così vicino al pianeta, che questo non possa venir più considerato come puntiforme. Nel 1915 divenne professore di meccanica razionale al Politecnico di Torino, da cui nel 1919 passò all'Università di Padova e nel 1920 a quella di Pisa. Nel 1922 fu chiamato alla cattedra di Astronomia dell'Università di Roma e alla direzione dell'Osservatorio del Campidoglio, spostato poi (nel 1936) a Monte Mario, ove rimase sino alla sua tragica morte.
L'Armellini fu essenzialmente un cultore di meccanica celeste, anzi uno dei maggiori cultori di tale disciplina nel suo tempo, cui apportò vari essenziali contributi fra cui, oltre quello già accennato, lo studio del problema dei due corpi con masse variabili, la regolarizzazione del problema dei tre e degli n corpi, la dinamica stellare, le ipotesi cosmogoniche, ecc. Si occupò anche, ed attivamente di astronomia pratica e fece personalmente molte misure di stelle doppie, del diametro solare, ecc. ma la sua fama resta essenzialmente legata ai suoi lavori di meccanica celeste. Valente didatta è, fra l'altro, autore di un trattato di Astronomia Stellare in 3 volumi.
Fu Socio dell'Accademia dei Lincei e di molte altre accademie, nel 1922 ebbe il Premio Reale dei Lincei per l'Astronomia e molti altri meritati riconoscimenti, ma restò sempre un uomo semplice e buono, completamente dedito alla scienza, che servì sempre con obiettività ed abnegazione.

Necr.: Rend. Lincei (8) 27 (1929), 275-288 (V. Nobile); Atti Accademia Torino, 93 (1958-59), 587-596 (G. Cecchini).
Tricomi, op. cit.