Il giardino di Archimede
Un museo per la matematica |
Una delle caratteristiche della matematica nell'ultimo secolo è senza dubbio la sua crescente influenza sullo sviluppo scientifico e tecnologico. Settori tradizionalmente aperti all'applicazione della matematica, come ad esempio la fisica e almeno in parte l'ingegneria, sono stati completamente matematizzati, al punto che in molti casi è difficile distinguere dove finisce la matematica e dove comincia la fisica teorica; altri, in precedenza più restii all'uso di metodi matematici, come la biologia, la medicina o l'economia, si sono ora aperti al linguaggio e alla formalizzazione matematica, grazie non soltanto all'uso massiccio dei computers e delle nuove possibilità aperte dal loro uso, ma anche agli importanti progressi dell'arte della modellizzazione matematica di fenomeni complessi. È una facile profezia che l'apporto della matematica alle discipline scientifiche continuerà e si intensificherà nel prossimo futuro, toccando anche settori finora al di fuori della sua sfera di influenza, e che la matematica sarà sempre di più uno dei principali fattori dello sviluppo scientifico e tecnologico.
Davanti a questa innegabile centralità della matematica nella scienza, sta però il fatto altrettanto innegabile che essa sta diventando sempre meno comprensibile per il non specialista, e si sta trasformando in un linguaggio da iniziati, perdendo di conseguenza la sua rilevanza culturale. A un viaggiatore del XVII secolo, forse un inglese o un tedesco venuto in Italia per ammirare i suoi tesori artistici e godere della clemenza delle stagioni, poteva capitare di essere invitato a passare una serata nel palazzo del principe Cesi a Roma, per assistere a una seduta dell'appena fondata ma già famosa Accademia dei Lincei. Lì avrebbe potuto ascoltare Luca Valerio che esponeva i risultati delle sue ricerche sui centri di gravità, o se era fortunato avrebbe potuto incontrare Galileo che canocchiale alla mano gli avrebbe mostrato i satelliti di Giove appena scoperti, e avrebbe discusso con i colleghi accademici i pregi e i difetti del sistema copernicano a confronto di quello tolemaico. Un secolo più tardi, a Milano, avrebbe potuto chiedere a Maria Gaetana Agnesi delle spiegazioni sul nuovo calcolo delle flussioni, o calcolo differenziale come si chiamava sul continente, e riceverne delle risposte comprensibili. Nel ventesimo secolo, un discendente del nostro viaggiatore, ora divenuto un turista, che per qualche strana ragione chiedesse e fosse introdotto ad assistere a una riunione della stessa Accademia dei Lincei, ben difficilmente riuscirebbe a capire una parola di quanto si dice. La matematica moderna non è materia per l'uomo della strada.
Ma seguiamo ancora per un po' il nostro turista, che dopo essere rimasto per qualche tempo, soprattutto per non sembrare maleducato, ad ascoltare senza capire, approfittando di un intervallo lascia la nostra Accademia e per passare il tempo che gli resta fino all'ora di pranzo, che aveva pensato di occupare coltivando le matematiche, si rifugia in un caffè, non prima di aver comprato alcuni giornali. Fortunatamente proprio vicino all'uscita c'è un'edicola, dove il nostro compra tre quotidiani che gli erano stati consigliati come i più autorevoli. Per calcolare il totale il giornalaio tira fuori la sua calcolatrice tascabile, somma tre volte 90 centesimi, e gli chiede 2 euro e 90C. Alle proteste del cliente, il giornalaio fa di nuovo l'addizione e ottiene stavolta la somma corretta di 2 euro e 70 centesimi, che incassa scusandosi dell'errore di prima dovuto, dice, al fatto che la calcolatrice ha i tasti troppo vicini e che succede molto spesso di pigiare un tasto invece di un altro e poi "da quando hanno messo l'euro non ci si capisce più nulla".
Anche se non frequentissime, scene come questa sono oggi abbastanza comuni, e sono l'indice di un nuovo tipo di analfabetismo matematico, dove le calcolatrici tascabili stanno sostituendo anche i più semplici calcoli mentali, e con il loro uso sistematico conducono a una regressione concettuale dalla moltiplicazione alle addizioni ripetute, ripercorrendo così all'indietro il cammino storico. In casi come questi diventa evidente l'utilità della matematica: se il giornalaio sbaglia il calcolo a suo favore il cliente matematico può contestare il prezzo richiesto ed esigere che l'operazione venga ripetuta, altrimenti può distrarsi e incassare felicemente la differenza.
Ognuno di noi ha potuto assistere una volta o l'altra a situazioni come quella del nostro turista immaginario. In effetti, a dispetto della rilevanza sempre maggiore che la scienza assume nella vita di tutti noi, la comprensione dei fatti scientifici anche più elementari è piuttosto rara anche nei settori più colti del pubblico non specialista, come purtroppo abbiamo avuto occasione di constatare spesso. Per fortuna, in contrasto con questa tendenza, c'è una crescente richiesta di informazione scientifica da parte di un pubblico attento, una richiesta che sta alla base del successo di un certo numero di riviste scientifiche, della fondazione di alcuni musei della scienza, della fortuna di alcune trasmissioni televisive a carattere scientifico, e della pubblicazione di vari libri dedicati alla diffusione e alla divulgazione della scienza. Molti di questi libri hanno a che fare con la matematica, e con qualche eccezione sono ben scritti e ben accolti dal pubblico. Naturalmente si può fare più e meglio, ma per quanto riguarda i libri di divulgazione la matematica si trova alla pari della maggior parte delle altre scienze.
La situazione è invece radicalmente differente se si guarda ai musei della scienza o alle trasmissioni televisive,nelle quali la matematica trova uno spazio estremamente ristretto, quando non è assente del tutto. E quando si trova qualche accenno alla matematica, questa si trova in una posizione essenzialmente marginale; ben di rado si riesce a cogliere più delle briciole o a farsi un'idea della rilevanza della matematica nella società moderna.
La ragione di questa differenza tra la matematica e le altre scienze non sta, o quanto meno non sta solamente, nel fatto che i matematici sono troppo pigri o troppo presuntuosi per abbassarsi a spiegare al pubblico la loro disciplina. Né che la matematica sia troppo difficile, se non impossibile, da divulgare. Naturalmente non ogni parte della matematica può essere spiegata in parole semplici, ma questo è vero in maggiore o minore misura di tutte le altre scienze, e in generale di tutte le attività umane. Ma d'altra parte ci sono larghe porzioni della matematica, e non solo le più elementari ma anche alcune di quelle relativamente più complesse, che possono essere descritte in maniera non tecnica, e che in effetti sono state affrontate in libri alcuni dei quali di un certo successo. Se ciò non avviene nei musei, la ragione si troverà in altri fattori, ad esempio nei differenti modi di comunicazione della matematica relativamente alle altre scienze; una caratteristica che non appare, o non è rilevante, nei libri di divulgazione.
Una delle differenze principali tra un libro e un museo consiste senza dubbio nella loro struttura narrativa. Per la loro natura, i libri sono lenti e analitici; il tema viene affrontato da punti di vista diversi e complementari, ed è possibile insistere sui punti più importanti o più difficili, fino a spiegarli nel modo più esauriente e completo. Al contrario, il linguaggio di una mostra è conciso fino ad essere ellittico, e nella maggior parte dei casi è ridotto all'essenziale: un museo non è un libro attaccato alle pareti. Mentre il libro è basato sulla parola e sul linguaggio, un museo è centrato su oggetti e fenomeni, e le spiegazioni devono essere limitate a quelle strettamente necessarie. Il pubblico vede un oggetto in mostra, come ad esempio la riproduzione di una navicella spaziale, o meglio ancora la vera capsula, e legge un breve testo che ne spiega la sua costruzione, il suo scopo, e le sue vicende. In un'altra sezione vede un uovo di dinosauro, e ascolta una spiegazione sull'ambiente in cui sono vissuti i dinosauri e sulle circostanze e le ipotesi sulla loro scomparsa.
Lo stesso avviene se si mostra un fenomeno. Ad esempio, nel settore della meccanica il visitatore è invitato a sedersi su una poltrona girevole tenendo in mano due pesi. Quando apre le braccia, la sua velocità angolare diminuisce, mentre cresce di nuovo se porta le braccia vicino al corpo, cioè all'asse di rotazione. Il pannello corrispondente spiega la legge di conservazione del momento angolare. Nell'esperimento successivo è invitato a tenere con le mani l'asse di una ruota in rapida rotazione, ed a cercare di piegarlo da un lato, verificando così l'esistenza di una forza che si oppone al cambiamento dell'asse di rotazione. Il pannello mette in relazione questo esperimento con la trottola con cui abbiamo giocato da piccoli, spiegando perché la trottola ruota sulla punta senza cadere, e anche con le moderne bussole giroscopiche, una delle quali sarà magari visibile. La visita poi continua con altri oggetti ed esperimenti, che illustrano ulteriori importanti fenomeni scientifici.
Niente di questo si può fare direttamente con la matematica, che non ha né oggetti da esibire né fenomeni da mostrare. O meglio, ha fenomeni e oggetti propri, ma che non sono immediatamente visibili come tali, ma devono essere estratti da altri oggetti ed esperimenti. Non si possono mostrare oggetti come un gruppo, un numero complesso o una varietà riemanniana, né si può sperimentare direttamente il fenomeno della distribuzione dei numeri primi o la formula di Eulero
che lega tra loro i vertici (v), le facce (f) e gli spigoli (s) di un poliedro convesso. Quello che invece si può fare in un museo, è costruire un poliedro e invitare il pubblico a contare le sue facce, i vertici e gli spigoli, verificando che il loro numero verifica la formula. Ma questo non è sufficiente non dico per garantirne la validità (a rigore nessuna verifica, anche su un numero elevatissimo di casi particolari, può garantire la validità di un teorema), ma nemmeno per convincere il visitatore della sua plausibilità; in ogni caso non nello stesso modo con cui veniva istruito sulla conservazione del momento angolare. La verifica su un solo poliedro può essere vera per caso, e non è nemmeno detto che una formula di questo tipo debba esistere, cioè che i numeri delle facce, dei vertici e degli spigoli di un poliedro debbano essere legati in qualche modo e non possano essere totalmente arbitrari. Quello che occorre, è ripetere l'esperimento varie volte con differenti poliedri; solo dopo un numero considerevole di prove la formula diventa evidente e il visitatore si convince della sua validità. Questo può essere il momento di mostrare una ciambella, o come si dice in matematica un toro, per il quale la formula di Eulero non vale più, e ricominciare gli esperimenti con una serie di altri poliedri e superfici, fino a introdurre il concetto di genere topologico. La differenza con l'esperimento dello sgabello in rotazione o della trottola è evidente: se si guarda al linguaggio museale, la matematica è una vera, forse la sola, scienza empirica.
Questo fatto non è senza conseguenze. La prima e la più importante delle quali è che la matematica al museo ha bisogno di molto spazio. Un oggetto matematico (o un concetto se preferite) non è qualcosa che si può vedere e toccare, e non può essere illustrato con un solo exhibit; esso può emergere e diventare reale solo come il sostrato ideale che lega una successione di oggetti fisici. In altre parole, gli oggetti matematici, anche i più elementari e familiari come i numeri o le figure, sono costruzioni complesse la cui descrizione contiene di necessità almeno le loro proprietà principali, ognuna delle quali richiede almeno un esperimento per essere descritta e spiegata.
È molto difficile che lo spazio necessario possa essere trovato in un generico museo della scienza, dove è necessario un equilibrio, anche in termini quantitativi, con le altre scienze. Qui la matematica è trattata allo stesso modo delle altre discipline, e viene mostrata in singoli oggetti, alcuni molto belli, altri piuttosto aridi (come per esempio il numero pi greco con 10.000 o anche con 1.000.000 di cifre), ma sempre o quasi sempre inadeguati per una corretta comunicazione delle idee matematiche che giocano al loro interno. Quello che si fa è mostrare degli oggetti fisici, per esempio delle magnifiche bolle di sapone, delle quali nel migliore dei casi si dice che ammettono una descrizione matematica o che hanno stimolato importanti scoperte matematiche. In ogni caso, poco o nulla si dice di questa matematica, che resta quasi sempre dietro la scena. Gli alberi nascondono la foresta.
Quanto abbiamo detto finora porta naturalmente all'idea di un museo dedicato completamente alla matematica nella sua accezione più ampia, includendovi cioè non solo quella che va sotto il nome di matematica pura, ma anche le sue applicazioni alle altre scienze, alla tecnologia, e soprattutto, cosa che è forse la più importante, il suo ruolo nella vita di tutti i giorni. Da questa idea è scaturito il Giardino di Archimede, il primo museo dedicato completamente alla matematica, concepito e realizzato per avvicinare la matematica ai cittadini. Gli obiettivi del Giardino di Archimede sono molteplici. In primo luogo, il pubblico potrà venire in contatto con il nucleo centrale delle idee matematiche che risiedono all'interno degli oggetti esposti e che determinano i loro reciproci legami. Come uno scheletro, che non può essere visto direttamente ma richiede strumenti appropriati e può essere dedotto dai suoi effetti sulla postura dell'animale che lo possiede, così la matematica può emergere solo dal confronto tra diversi oggetti e fenomeni fisici, a prima vista piuttosto eterogenei, ma che dipendono da un solo concetto o risultato matematico che li collega e li unifica.
In secondo luogo, il visitatore sarà condotto a riconoscere l'importanza della matematica, e il suo ruolo determinante nella propria vita quotidiana: benché non si veda immediatamente, la matematica permea molti degli oggetti di uso comune, e sta dietro a molte delle normali attività dell'uomo. In altre parole, la matematica non è una materia per specialisti, ma è per molti versi un fattore importante nella vita di ognuno di noi. In questa direzione un ruolo importante gioca la storia della matematica, sia con frequenti rinvii di carattere storico sia con mostre specifiche che permettono di rendersi conto non solo del cammino, spesso non privo di ostacoli, che ha condotto a questa o quella scoperta, ma anche soprattutto del ruolo della matematica nel progresso scientifico e nella vita sociale.
Infine, la matematica è divertente. Questo è un importante messaggio da comunicare: la matematica non è una noiosa sequela di esercizi privi di senso comune, ma uno stimolante universo di idee e di metodi studiati per risolvere importanti problemi; idee e metodi ai quali ci si può avvicinare senza formalismi e pedanterie, ma in modo semplice e interessante.
Naturalmente, il Giardino di Archimede non vuole né potrebbe insegnare la matematica, allo stesso modo che un concerto non insegna a suonare il pianoforte. Come lo studio di uno strumento musicale richiede dedizione e sacrificio, lo stesso accade per lo studio della matematica: non si impara senza fatica. Di qui la distinzione di ruoli, ma anche la complementarità, tra il museo e la scuola. Per quest'ultima, il museo per la matematica può svolgere, pur con le dovute ed evidenti differenze, un ruolo analogo a quello che i concerti svolgono per lo studio della musica. Come al concerto non si va per imparare la musica, così il museo non si visita per imparare la matematica: per questo, in un caso come nell'altro, si va a scuola. D'altra parte però, come non tutti sono musicisti, non tutti sono matematici; il museo servirà allora per chiudere il fossato tra la matematica e i cittadini, un luogo in cui ci si possa avvicinare senza traumi alla matematica e alle sue idee più importanti.
Non un museo della matematica dunque, cioè un museo dove dietro vetrine chiuse si esibisca una matematica polverosa e fossilizzata, ma un museo per la matematica, un luogo di incontro con le idee più brillanti e feconde e di crescita della cultura comune.
Come abbiamo detto, questo progetto ha bisogno di spazio. L'unità minima museale non è infatti il singolo oggetto, ma piuttosto un percorso costituito da una sequenza di oggetti, che non è escluso possa ridursi a uno solo, legati da un comune concetto matematico che li unifica. Ognuno di essi illustra una particolare proprietà di quest'ultimo, in modo che alla fine del percorso il pubblico possa farsi un'idea di come uno stesso oggetto matematico sia alla base di tutti i fenomeni che ha sperimentato. Così ad esempio un'ellisse può essere tracciato per mezzo di un compasso conico (il compasso perfetto dei geometri arabi) seguendo da vicino la sua definizione come una delle sezioni del cono, mentre le sue proprietà emergeranno da exhibits come l'ellisse del giardiniere, che il visitatore sarà invitato a tracciare, o dall'esame del funzionamento di ingranaggi ellittici, che illustrano il fatto che la somma delle distanze di un punto dell'ellisse dai fuochi è costante. Successivamente vedrà che le onde generate in un fuoco di una teglia da cucina (di forma ellittica), dopo essersi riflesse sulle pareti andranno a concentrarsi sull'altro fuoco, e infine, ma le esperienze potrebbero prolungarsi ancora, verificherà come l'ombra di una palla da tennis ha la forma di un'ellisse, o se si vuole usare un linguaggio più vicino alla matematica, che la proiezione di un cerchio (la palla da tennis) è un'ellisse. Se poi i raggi di luce sono paralleli (e quelli che provengono da una lampadina si possono rendere tali mettendo quest'ultima nel fuoco di uno specchio parabolico) lo stesso esperimento dell'ombra della palla da tennis mostra che un'ellisse si può ottenere anche come sezione di un cilindro.
Questa abbondanza di oggetti per trattare una singola figura non serve solo a descrivere le numerose proprietà dell'ellisse, ma permette anche di ridurre al minimo le spiegazioni scritte: come abbiamo detto, e ripetiamo, un museo non è un libro appeso alle pareti.
Naturalmente non tutti i visitatori si avvicineranno agli oggetti esposti con lo stesso spirito e con le stesse conoscenze. Bisogna allora organizzare le mostre che costituiscono il museo in modo che possano essere lette a diversi livelli. Ciò è tanto più necessario, dato che il museo si rivolge a spettatori di ogni età e di ogni livello di cultura, e non è possibile discriminare il pubblico a seconda delle sue conoscenze e capacità matematiche. Ognuno deve poter usufruire delle strutture del museo al suo grado di cultura scientifica o semplicemente a seconda della sua disponibilità a seguire i percorsi proposti con maggiore o minore attenzione.
L'articolazione a più livelli comincia da un livello zero, della pura fruizione ludica, con minimi contenuti matematici. A questo livello il visitatore semplicemente si diverte con gli oggetti e gli strumenti in mostra, cercando di farli funzionare correttamente. Questo livello è particolarmente indicato per i bambini di età inferiore ai 10 anni (grosso modo gli scolari delle elementari), al di fuori delle sezioni progettate specificamente per loro.
Segue un livello uno, dove il visitatore legge i posters che danno un'idea generale del contenuto matematico della mostra, e se possibile del contesto storico in cui la matematica in questione si è sviluppata. Se vuole passare a un livello più alto, può comprare una guida della mostra, dalla quale potrà imparare qualcosa di più sulle idee matematiche che determinano la sequenza degli oggetti, senza ancora entrare nei dettagli delle dimostrazioni. Per gruppi di visitatori, normalmente gruppi di studenti della stessa classe, la guida scritta può essere sostituita da una visita guidata da prenotare in anticipo.
Infine, il livello più elevato consiste nella raccolta di una serie di schede, ognuna posta nelle vicinanze dell'oggetto o del gruppo di oggetti ai quali si riferisce, e che ne illustra con maggiore precisione i dettagli matematici, incluse a volte delle semplici dimostrazioni. In ogni caso, più che al rigore formale, queste ultime mireranno a illustrare idee particolarmente significative.
Una serie di percorsi come quello sull'ellisse al quale abbiamo accennato, legati da un tema comune di carattere più ampio, costituiscono una mostra, che può essere esposta da sola o far parte di una struttura ancora più ampia, il museo. Una di queste mostre, che ha come titolo "Oltre il compasso. La geometria delle curve", è stata costruita alcuni anni fa come prototipo per il museo, e da allora è stata esposta in numerose città italiane e in qualche caso anche all'estero, e ha avuto in totale più di 350.000 visitatori. Oltre a questa, sono esposte al museo la mostra "Pitagora e il suo teorema", un excursus storico-ludico sul teorema di Pitagora e sui suoi sviluppi, e nella sede di Firenze "Un ponte sul mediterraneo. Leonardo Pisano, la scienza araba e la rinascita della matematica in Occidente ". Quest'ultima è una mostra di carattere storico, in cui si ripercorre il passaggio dell'aritmetica e dell'algebra dal mondo arabo all'Europa medievale e i legami strettissimi di queste scienze con lo sviluppo dei commerci, in particolare a Firenze. Attualmente, oltre alla mostre esposte in permanenza, è disponibile la mostra storica "La matematica in Italia (1800-1950)", un viaggio nella storia della matematica italiana contemporanea vista come parte della storia politica e sociale del periodo.
Nella sua configurazione definitiva, il museo esporrà solo alcune delle mostre disponibili, secondo un principio di complementarità tra le diverse sedi. Altre, se possibile diverse da quelle visibili al museo, potranno essere trasportate ed esposte temporaneamente altrove, in modo da realizzare una rotazione tra le mostre visibili al museo e quelle itineranti, e allo stesso tempo promuovere una collaborazione tra il museo e altri enti ospitanti. Questa struttura consiglia di tenere limitata per quanto possibile la dimensione delle singole mostre, in modo che possano essere ospitate in strutture di media grandezza, come ad esempio locali scolastici, e quindi che siano visibili anche in località prive di spazi espositivi di grandi dimensioni.
C'è anche un altro tipo di considerazioni che consiglia di non oltrepassare i 500 metri quadrati di superficie espositiva. Infatti, a causa della peculiarità del linguaggio espositivo matematico, organizzato come si è detto intorno a percorsi articolati, la visita richiede al pubblico un grado di attenzione superiore a quello di un museo tradizionale, dove ogni singolo oggetto in mostra fa parte a sé. Questo livello di attenzione non può essere tenuto a lungo, soprattutto quando i percorsi sono particolarmente complessi e coordinati, e anche tenendo conto di momenti di pausa la visita a una singola mostra non può protrarsi per più di un'ora. Si può allungare un po' questo tempo alternando parti descrittiva, come ad esempio mostre documentarie o storiche, a parti più impegnative, ma in ogni caso la dimensione ottimale della parte espositiva del museo può essere stimata a circa 1000 metri quadrati.
L'esperienza della mostra "Oltre il compasso" ha mostrato che circa tre quarti del pubblico è costituito da studenti, dalle elementari alle superiori, e il resto da visitatori individuali. Gli studenti in genere vengono per classi accompagnati dal loro insegnante, e usufruiscono della visita in visita guidata; per lo più provengono dalla città nella quale ha sede la mostra, o da città vicine dalle quali la mostra sia facilmente raggiungibile.
La stessa situazione si verifica nelle varie sedi del museo, ognuna delle quali ha un suo naturale bacino di utenza, costituito dalle località che distano dal museo meno di due, o al massimo di tre ore di autobus. I visitatori che giungono da più lontano sono più rari, specie nel caso di scuole, a meno che, come è il caso per la sede di Firenze, il museo non si trovi in una città che offre al turismo scolastico attrazioni che giustifichino una visita di alcuni giorni.
In ogni caso, un certo numero di musei piccoli, situati in modo che i rispettivi bacini di utenza non si sovrappongano sostanzialmente, sono compatibili tra loro. Una struttura diffusa permette inoltre di tenere le dimensioni di ogni museo relativamente ristrette, e grazie a una rotazione delle mostre tra le varie strutture, incoraggia a ripetere la visita dopo un certo tempo.
Il progetto originale del Giardino di Archimede prevedeva una rete di unità locali, situate in modo da coprire la maggior parte possibile del territorio, e collegate da una direzione scientifica centrale e da servizi comuni che permettano economie di gestione, ma altrimenti gestite a livello locale. Naturalmente la creazione di una sezione del museo dipende dalla disponibilità di un edificio appropriato e di risorse finanziarie sufficienti per assicurare una gestione locale efficiente.
Attualmente il Giardino di Archimede ha sede a Firenze.