Il giardino di Archimede
Un museo per la matematica |
La geometria delle curve:
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Le testimonianze sullo stato della geometria lungo le rive del Nilo si riducono al brano di Erodoto riportato all'inizio, oltre a una tradizione costante che vuole che la geometria greca abbia le sue origini in Egitto. Se questa tradizione contiene una parte di verità, e non si vede per quale motivo essa debba essere considerata in toto una leggenda, allora sarà lecito attendersi che tracce dell'attività dei geometri egizi si ritrovino nella matematica greca, e in particolare degli Elementi di Euclide.
Segni labili, perché gli Elementi sono un'opera matura, nella quale confluiscono elaborazioni precedenti oggi perdute, e che è organizzata secondo il procedere assiomatico-deduttivo proprio del pensiero greco e di lì di tutta la matematica occidentale. Essi non si potranno rintracciare pertanto nell'architettura complessiva dell'opera, né tanto meno nelle dimostrazioni dei teoremi, ma semmai nei principi, nelle definizioni e nei postulati, che notoriamente hanno la funzione di tradurre in simboli e forme geometriche gli oggetti e i procedimenti del mondo reale. Perché la geometria astratta della classicità greca possa descrivere le proprietà più profonde e portare alla luce le relazioni più nascoste tra gli oggetti del mondo esterno, occorre da una parte precisare con le definizioni quali sono gli oggetti in questione, in modo che non possa esservi alcun dubbio su ciò che si entra e ciò che è escluso dal dominio della geometria, e dall'altra individuare mediante i postulati un sistema di proprietà primitive e di operazioni possibili, a partire dalle quali il geometra, col solo ausilio del suo pensiero logico, possa disvelare il reticolo di congruenze e di interrelazioni che soggiace, inaccessibile sovente all'indagine materiale, ai concetti astratti della geometria e di rimando agli oggetti concreti del mondo.
Se le definizioni e i postulati svolgono quest'opera di traduzione tra gli oggetti materiali della natura e i procedimenti empirici della prassi da un lato, e le figure e le operazioni astratte della geometria dall'altro, è in essi che si potranno trovare e si dovranno cercare le tracce di una tradizione perduta. Tracce concettuali, dato che i concetti principali riecheggeranno procedimenti e operazioni non formalizzati; tracce linguistiche, poiché la scelta dei termini non potrà non essere influenzata dalle operazioni sulle cose che da essi sono denotate.
Riguardati sotto questo aspetto, gli Elementi di Euclide mostrano in filigrana una corrispondenza non totale, certo, ma sorprendentemente evidente, con le operazioni degli arpedonapti.
Dell'angolo retto si è già detto; ma prima ancora di questo, è la stessa definizione di linea retta - una linea sempre finita, un segmento - che rimanda direttamente all'operazione di "tendere" una corda tra due "punti" (la parola greca corrispondente significa letteralmente "segni"), che ne costituiscono i "confini". Il suo essere retta non dipende dal fatto che essa realizza la distanza minima tra due punti, ma ancora una volta rinvia all'uniformità della tensione, per cui essa "giace uniformemente rispetto ai suoi segni", proprietà che diventa ancor più suggestiva se letta insieme alla definizione che la precede: "I segni sono i confini della linea".
Dei postulati poi, i primi tre riproducono esattamente le operazioni dell'agrimensore:
tirare una retta tra due punti:
prolungare una retta data:
descrivere una circonferenza:
mentre gli altri due testimoniano per così dire delle impossibilità di dimostrazione. Di essi il quarto dice che
e l'ultimo è il famoso "postulato delle parallele":
La differenza tra questi due postulati e i primi tre è evidente. I primi non fanno altro che porre in termini geometrici delle operazioni pratiche usuali; quello che essi domandano non è altro che la traduzione in forma astratta della prassi concreta dell'agrimensore. Gli ultimi due sono invece della natura dei teoremi: essi esprimono non delle possibilità concesse al geometra, ma delle proprietà degli oggetti matematici già introdotti in precedenza; proprietà essenziali nella dimostrazione dei teoremi che seguono e che, in mancanza di meglio, vengono assunte a priori.
E in effetti a più riprese questi postulati vengono trattati come teoremi, e ne viene tentata una dimostrazione. Già Proclo, nel suo commento al primo libro degli Elementi, si sforza di provare il quarto postulato; il quinto poi sarà oggetto di innumerevoli tentativi di dimostrazione, che condurranno agli inizi dell'ottocento, alla scoperta delle geometrie non euclidee.