Il giardino di Archimede
 Il giardino di Archimede
 Un museo per la matematica


La geometria delle curve:
un percorso storico

E. Giusti


(dal catalogo della mostra)



Origine della geometria

La geometria diventa sistema

I problemi classici

Le sezioni coniche

Le sezioni coniche nella rivoluzione scientifica

Curve ed equazioni

Curve trascendenti

La curvatura

La via più breve

Lunghezza e dimensione






Le sezioni coniche nella rivoluzione scientifica   


L'interesse per sezioni coniche non si limita però a queste proprietà, per quanto importanti. Esse infatti entrano nella soluzione di problemi scientifici che hanno determinato quella che è stata chiamata la rivoluzione scientifica.

Nei Discorsi e Dimostrazioni matematiche sopra due Nuove Scienze, G. Galilei (1564-1642) dimostrò che la traiettoria di un proiettile è una parabola.

Il ragionamento di Galileo è pressappoco così. Vediamo prima di tutto quello che succede di un corpo che cade verticalmente. All'inizio il corpo è fermo. Nel primo istante del moto, la gravità del corpo gli comunica una certa velocità. Nel secondo istante, il corpo riceve un secondo grado di velocità uguale al precedente, che viene sommato con il primo, nel terzo un ulteriore grado di velocità, e così via. Di conseguenza, il corpo avrà acquisito nella caduta libera tanti gradi di velocità quanti sono gli istanti passati dall'inizio della caduta; in altre parole, la velocità è proporzionale al tempo.

Se riportiamo in un grafico questo andamento della velocità, al tempo t = AB il corpo avrà acquisito una velocità v = BC, proporzionale a t: v = gt. Lo spazio y percorso nel tempo t sarà rappresentato dall'area del triangolo ABC, di base AB e altezza BC, e dunque sarà uguale al prodotto della base per metà dell'altezza: y=1/2 gt2.

Vediamo ora cosa succede se il corpo è lanciato con una certa velocità iniziale, e supponiamo per semplicità che venga lanciato orizzontalmente con velocità v.

Poiché la forza di gravità è diretta verticalmente, essa non influenzerà il moto orizzontale, che si svolgerà con velocità costante v. Nel tempo t il corpo percorrerà dunque uno spazio orizzontale x = vt. D'altra parte la forza di gravità produrrà un moto verticale secondo la legge y = 1/2 gt2. Se si ricava t = x/v dalla prima relazione e si sostituisce nella seconda, si ottiene l'equazione

y=(g/v2) x2

che rappresenta una parabola.

Se poi volessimo capire meglio perché l'area del triangolo ABC dà lo spazio percorso nel tempo t, potremmo ragionare così.

Fissiamo in AB un intervallo di tempo DE, e consideriamo un corpo che in questo intervallo si muove alla velocità minima DF. Lo spazio percorso da questo corpo è minore di quello passato dal primo nello stesso tempo, ed è dato dal prodotto della velocità DF per il tempo DE, e dunque dall'area del rettangolo DEGF.

Allo stesso modo, un corpo che si muove alla velocità massima EH percorrerà nel tempo DE uno spazio uguale all'area del rettangolo DEHI, maggiore dello spazio percorso dal grave in caduta libera. Dividiamo ora il tempo AB in tanti intervalli. Lo spazio percorso dal grave che cade sarà maggiore dell'area della figura a scala interna al triangolo ABC, e minore dell'area di quella esterna. Aumentando il numero degli intervallini, potremo far sì che queste due figure si avvicinino sempre di più al triangolo; dovendo essere sempre compreso tra le aree delle due figure, lo spazio percorso dal grave non potrà che essere uguale all'area del triangolo ABC.

In conclusione, di un proiettile che viene lanciato con una certa velocità descrive una traiettoria a forma di parabola, almeno finché la velocità iniziale è abbastanza piccola da poter trascurare la resistenza dell'aria. Ciò è vero ad esempio per un sasso lanciato a mano o con una fionda, e con qualche approssimazione per proiettili lanciati da un mortaio. Se invece si tira con un cannone, la traiettoria sarà modificata sensibilmente dalla resistenza dell'aria, assumendo una forma più tozza, ben nota ai bombardieri del cinquecento.

Immaginiamo ora di tirare dei sassi con una catapulta, o di sparare dei proiettili con un mortaio (che spara sempre con la stessa forza). Le traiettorie dei proiettili saranno diverse a seconda della direzione del tiro, ma avranno tutte la forma di una parabola. Variando l'inclinazione del pezzo, possiamo colpire bersagli differenti, sia a terra che in volo, purché non siano troppo distanti; la distanza massima è quella che si raggiunge tirando con un'inclinazione di 45 gradi. Ci si può allora chiedere: quali punti possiamo raggiungere? oppure, visto dall'altra parte: dove ci si deve mettere per essere sicuri di non poter essere colpiti?

La zona raggiungibile è costituita dai punti del piano per i quali passa almeno una delle curve percorse dai proiettili sparati a diverse angolazioni. La curva che la delimita si chiama inviluppo delle curve date. Nel nostro caso essa è ancora una parabola, che si chiama parabola di sicurezza.

Un altro problema in cui le sezioni coniche hanno costituito la chiave per giungere a una soluzione è quello delle orbite dei pianeti. Gli antichi avevano immaginato un sistema in cui la terra era al centro dell'universo, con il sole, la luna e i cinque pianeti conosciuti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno) che le ruotavano intorno. In questo sistema, delle orbite circolari non possono accordarsi con le osservazioni, per cui si era escogitato un sistema di epicicli, cioè di cerchi ruotanti sopra altri cerchi, con i quali si riusciva a prevedere i moti celesti con buona approssimazione. L'introduzione del sistema copernicano, con il sole al centro del mondo e la terra e i pianeti ruotanti in orbite circolari, non aveva migliorato di molto la descrizione dei fenomeni, che richiedevano ancora la considerazione degli epicicli, al punto che i vantaggi astronomici derivanti dall'adozione del nuovo sistema non erano così forti da aver la meglio sui pregiudizi filosofici che militavano a favore del vecchio.

D'altra parte ambedue le fazioni rimanevano ancorate all'idea di orbite circolari, che sembrava evidente per una serie di ragioni che oggi possono aver perso la loro efficacia, ma che agli inizi del seicento sembravano solidissime. Una di queste era l'argomento di Aristotele: corpi semplici hanno movimenti semplici; ora i corpi celesti sono semplici e dunque si devono muovere del moto più semplice possibile, dunque secondo un'orbita circolare. E se anche, come Galileo, si rigettavano argomentazioni di questo tipo, c'erano altre ragioni per non uscire dalla circolarità.

Galileo partiva dalla considerazione che il moto di un grave su un piano inclinato va accelerandosi se si svolge in discesa, cioè se il corpo si avvicina al centro dei gravi, mentre ritarda in salita, e rimane uniforme su un piano orizzontale, dato che su di esso il mobile non si avvicina né si allontana dal centro della terra. In realtà, diceva Galileo, questo è vero perché il piano è molto piccolo in paragone al diametro terrestre; se invece si ragiona su scala molto grande, la superficie di inerzia, quella cioè sulla quale non si ha accelerazione, non è un piano ma una sfera col centro nel centro di attrazione, dato che solo su questa il grave resta sempre alla stessa distanza dal centro.

Siccome poi il moto dei pianeti si ripete sempre uguale, senza evidenti accelerazioni o decelerazioni, ne risulta che la loro orbita si svolge su una linea circolare, con centro nel sole. Infatti solo così potrà essere salvaguardata l'uniformità e la stabilità dell'universo.

Si capisce dunque come dovesse essere difficile anche immaginare movimenti diversi dai circolari, e quale sforzo intellettuale richiedesse un cambiamento di punto di vista così piccolo, come passare da un cerchio a un'ellisse. Questo passo viene compiuto, non senza fatica, da G. Keplero (1571-1630), che scopre che l'orbita di Marte è un'ellisse, un risultato che diventerà più tardi una delle sue tre famose leggi: "I pianeti percorrono orbite ellittiche con il sole in uno dei fuochi".

Cinquant'anni più tardi, I. Newton (1642-1727) dimostrava le tre leggi di Keplero sulla base della sua dinamica, nella sola ipotesi che la forza di attrazione fosse inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Si può dire che solo dopo la dimostrazione newtoniana l'ipotesi copernicana e le leggi di Keplero vennero accettate da tutti gli studiosi. Doveva passare ancora più di un secolo prima che il Dialogo dei massimi sistemi di Galileo venisse tolto dall'indice.




 

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